Leggendo #263 – Il corpo in cui sono nata

I romanzi ambientati in Messico devono avere un qualche strano effetto su di me altrimenti non me lo spiego tutto questo amore innato che riescono a sprigionare nella mia mente e nel mio cuore. Il corpo in cui sono nata di Guadalupe Nettel (edito da La Nuova Frontiera) è “quel famoso romanzo” che è stato scritto senza pensare alle conseguenze in famiglia, semplicemente per sancire in modo definitivo quella che è stato e continua a essere l’unico grande amore della voce narrante: la scrittura.

Partiamo dal genere: questo è un romanzo ma si potrebbe scambiare molto facilmente per un’autobiografia. Il difetto visivo della scrittrice potrebbe essere lo stesso della protagonista di queste pagine, un’adulta che si confessa alla dottoressa Sazlavski. Difficile capire dove inizia la confessione reale da quella fittizia: non c’è un vero e falso, solo un confine labile fra realtà e fantasia.

Ciononostante vorrei chiarire che l’origine di questo racconto risiede nella necessità di capire alcuni fatti e alcune dinamiche che hanno dato forma all’amalgama complesso, al mosaico di immagini, di ricordi e di emozioni che respira con me, ricorda con me, interagisce con gli altri e si rifugia nella penna come altri si rifugiano nell’alcol o nel gioco.

Dopotutto, quello del difetto visivo non potrebbe essere un furbo escamotage per mettere a fuoco gli anni più preziosi e facili da dimenticare perché distanti? L’infanzia e l’adolescenza vengono filtrate da Guadalupe Nettel con una lente d’ingrandimento, in un modo che sembra solo avere un unico e grande obiettivo: sostituire alla sua vista offuscata, una più acuta e attenta visione del mondo che la circonda. Ogni oggettività è soggettiva ed è descritta con poesia, attraverso una scrittura che cattura e coinvolge.

Il silenzio, come il sale, è leggero solo in apparenza: in realtà, se si lascia che il tempo lo inumidisca, diventa pesante come un’incudine.

Ne’ Il corpo in cui sono nata si parla di essere figli, un po’ come ne’ La figlia unica, ma con un sentimento differente e una presa di posizione più chiara e specifica. L’importanza del ruolo del figlio è vivisezionato da gesti, parole e promesse che vengono fatte nell’infanzia per poi crollare durante l’adolescenza. È normale che con il tempo si tenda comunque a idealizzare rapporti e momenti della vita, ma la scrittrice messicana vuole ora fermarsi su ciò che l’ha portata a dipendere dall’elogio, al bisogno di scrivere ogni dettaglio della storia della sua famiglia, dei traslochi e di come il dolore sia stato sempre una bolla sopra leloro teste, pronta a esplodere in qualsiasi momento.

(…) ma io sono convinta che il nostro atteggiamento sia in buona misura una reazione alla modalità sperimentale con cui i nostri genitori hanno affrontato la vita adulta.

E intorno alla vita di ognuno, c’è l’esistenza di tutti. Dentro a quest’opera, gli spazi prendono forme nuove, si costruiscono geografie alternative, ma non si perde mai la bussola del luogo d’origine della protagonista: il Messico. La storia di questo paese entra in ogni capitolo, a partire dalle Olimpiadi del 1968 al tragico terremoto del 1985, passando dall’ondata repressiva degli anni Settanta. Non manca poi un’analisi attenta della giungla selvaggia del capitalismo contro la regolamentata comune in cui la famiglia della piccola vivrà per soli pochi giorni.

E poi i riferimenti all’arte, con Picasso e Mondrian, alla fotografia con Diane Arbus e alla musica che cambia continuamente, come può accadere solo dall’infanzia all’adolescenza, quando tutto assume significati nuovi. E ovviamente alla letteratura: dai classici come Il ritratto di Dorian Gray o i racconti di Edgar Allan Poe, a Kafka e Cortazár. C’è da perdersi in ogni dettaglio. Per ritrovarsi poi a fare quello che proviamo a fare tutti ogni giorno: tentare di vivere al meglio che possiamo.

2 pensieri su “Leggendo #263 – Il corpo in cui sono nata

  1. Pingback: Leggendo #264 – Le letture di agosto 2023 – JustAnotherPoint

  2. Pingback: Leggendo #205 – Le letture di settembre 2023 – JustAnotherPoint

Lascia un commento