È da mesi che non mi soffermo sulle pagine di un libro in questo spazio, sul piccolo blog nato ormai quasi dieci anni fa per rappresentare il giardino segreto della mia infanzia. Proprio poche ore fa, stavo scrivendo a una libraia speciale che per me leggere ha sempre significato tornare in quello spazio verde immaginato durante la lettura de’ Il giardino segreto di Frances Hodgson Burnett, dondolarmi su un’altalena immaginaria attaccata a un albero inventato e nascondermi in quel rifugio dove lasciare tutte le mie paturnie che, sin da bambina, sentivo di dover tenere per me. Con La figlia unica, la necessità di isolarmi in questo rifugio è tornata ancora più forte.
Quest’opera di Guadalupe Nettel, edita da La nuova frontiera, se ne stava nella libreria da quasi due anni ed è la conferma di una grande realtà: ogni pagina ha bisogno del suo tempo e questo periodo, per questo romanzo, non poteva essere più perfetto. L’annuncio di una gravidanza inaspettata (e il come è stato condiviso) ha scombussolato una palude di pensieri che si sono riversati nelle vite di Laura, Alina e Doris. Mi sono detta che l’orologio biologico si era impossessato della mia ragione. E probabilmente non c’è frase più vera.
Laura è la protagonista e la voce narrante di un’evoluzione, di nidi che si stanno creando senza seguire il percorso che si vorrebbe. Le difficoltà incrociano le speranze di Alina e della sua gravidanza tanto aspettata e sognata; la rabbia e la depressione abbracciano Doris e il suo piccolo Nico mentre Laura cerca di capire il suo presente, quando tutti la vorrebbero madre e invece lei preferisce rimanere ancorata alla sua tesi.
È difficile parlare di questo romanzo, è impossibile non rimanerne folgorati e incollati (oh, la bellezza di divorare capitoli brevi!) e tutti i riferimenti ad altre letture, canzoni, ricette e film sono perfetti.
Si parla di maternità, sì, ma anche del compito della società nella crescita di un individuo e soprattutto dell’avere dei genitori. Nessuno ci pensa mai che anche il ruolo dei figli (e diciamocelo: soprattutto delle figlie) è impegnativo. Ci sono desideri, certamente, ma anche continui sensi di colpa, emozioni da gestire che dopo una certa si rispecchiano in un figlio futuro, anche senza volerlo. Come mi comporterei io in una situazione simile? Quali scelte mi aspetterei da un figlio? Pretenderei così tanto come io da figlia voglio dare? Non lo so e forse non lo saprò mai perché in questi momenti è normale immaginare di non voler affidare a nessuno questa parte così impegnativa. Si tratta però della paura di non vedere quel qualcuno all’altezza delle proprie aspettative e quindi di non voler rimanere delusi? chi lo sa.
Quanti vortici puoi creare, Guadalupe Nettel? Prendersi del tempo per divorare La figlia unica è essenziale. Sedersi a un tavolino all’aperto in un posto del cuore, ordinare un dolce e fermarsi fra le pagine cercando di togliere con della marmellata il sapore amaro della vita.
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